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Antartide meta turistica, il paradosso della crisi ambientale

Il turismo in Antartide fino a pochi anni fa era poco conosciuto, almeno non lo era quanto avrebbe dovuto esserlo. Questo è il luogo più disabitato e fino a poco fa era il meno inquinato al mondo. Fino a poco tempo fa appunto. 

Questo – considerato a tutti gli effetti un luogo di scienza – infatti fino a qualche anno fa era considerato solo minimamente un luogo da visitare. Il motivo erano soprattutto le bassissime temperature, anche se ad oggi sappiamo che in realtà durante le navigazioni organizzate in genere durante i pernottamenti qui, infatti, la temperatura media varia da 0 a 5° C, quindi non differisce tantissimo da quella che c’è in inverno anche in Italia.

Il turismo in Antartide oggi

Ad oggi infatti la IAATO – Associazione nazionale dei tour operator dell’Antartide – ha stimato che negli ultimi anni il turismo in questa zona del mondo sia aumentato del 30% circa, divenendo sempre più massiccio e costante. Cosa significa però questo? Che l’Antartide, soprattutto per via del turismo, ad oggi non è più il luogo meno inquinato del mondo, perché è esposto ad un maggior impatto ambientale.

Cosa significa visitarlo? Da un punto di vista paesaggistico, sicuramente è un’opportunità unica: questa è un’occasione per pernottare insieme ai pinguini, veder spuntare improvvisamente balene in mare a pochi metri dalle navi, poter osservare iceberg senza che però rappresentino alcun pericolo. Insomma questa per molti versi è considerata una meta estrema per viaggiatori non estremi, perché è un posto che riserva continue sorprese. Anche le luci qui sono sempre da film: intense, pure, perfette anche per filmare,

C’è da dire che, come abbiamo anticipato, questo era un luogo fino a poco tempo fa praticamente incontaminato, cosa che invece adesso appare solo un vago ricordo. Un recente studio pubblicato su Nature Communications, infatti, ha esaminato il risultato del continuo via vai di navi e aerei che arrivano a partono dall’Antartide anche per via del turismo. Questi, infatti rilasciano sostanze nocive per l’ambiente, tra cui soprattutto il nero di carbonio, che altro non è che un insieme di polveri finissime di carboni. Conosciuto anche come “nerofumo”, questo in sostanza scurisce la neve presente e ne accelera i tempi di scioglimento.

I problemi legati ai viaggi in Antartide

Ad oggi le sue concentrazioni superano la media del 3ng/g, il valore standard che si registra in genere nella zona. Adesso quindi possiamo dire che i suoi valori sono molto simili a quelli registrati in Groenlandia, che però risaputamente ha un altro tipo di traffico.

Lo studio comunque è stato condotto da un team di scienziati che hanno estratto campioni di neve da 28 siti, tutti però lontani dagli esseri umani ed hanno riguardato una zona ampia 2.000 km, che parte dalla punta settentrionale dell’Antartide e arriva alle montagne meridionali di Ellsworth.

A quali risultati quindi sono giunti gli studiosi? Che i combustibili fossili rilasciati dai continui viaggi contribuiscono al cambiamento climatico, che tradotto significa che visitare questo luogo incontaminato equivale a contaminarlo, facendo sì che si continui ad innalzare il livello del mare e che quindi anche le coste vengano danneggiate.

Questo perchè l’aumento combustibili fossili e biomassa in Antartide minaccia l’albedo, cioè la capacità di un oggetto o di una superficie di assorbire il calore. Più questo è compromesso a causa dell’aumento di nero di carbonio, più la neve si scioglie, più quindi tutte le coste del mondo sono a rischio.

Le possibili soluzioni al problema dei viaggi in Antartide

Ci sono soluzioni a questo problema? Certo. Il team dell’Unità Tecnica Antartide ha già intrapreso una serie di iniziative mirate ad ampliare l’apporto di energia alla Stazione da fonti rinnovabili e a dare vita anche ad un risparmio energetico. Tra questi vi è il primo impianto eolico italiano nella base Zucchelli, composto da 3 generatori eolici che sfruttano i forti venti per fornire energia alternativa.

Diventa comunque doveroso specificare che l’aumento del black carbon non è dovuto solo ai viaggi, ma che comunque il motivo per cui queste zone sono rimaste a lungo inesplorate è che era ed è necessario tutelare la ricerca scientifica. Qui infatti da tempo immemore gli scienziati analizzano il ghiaccio, estraendo le cosiddette “carote di ghiaccio”, che servono proprio per studiare il cambiamento climatico.

Quindi è necessario sottolineare che se da un lato anche queste analisi generano comunque inquinamento ambientale, dall’altro sono anche indispensabili per poterlo studiare e per fornirci informazioni di fondamentale importanza sul clima.

 

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